Edoar – Edoar.La struttura percepibile
Edoar-Edoar la struttura percepibile
Dalle mie letture ho appreso che la formazione di un concetto, quella sorta di astrazione o di strana associazione di concetto alla stessa astrazione, è riconducibile sempre ad un’idea o a quante di queste se ne possono estrapolare, e, con altrettanta associazione, a quante se ne possono ricondurre alla propria realtà. Questa accettazione si fonda sulla capacità della mente umana di assecondare i micro aspetti di ogni esperienza e si può concretizzare in una visione condivisibile. Sensorialmente, bruttissimo termine, ma l’uso, è paragonabile ad uno schema formato unicamente dalle unità di percezioni, essenziali per ogni ricognizione, e si identifica con quell’esperienza, la mia in questo caso. Non sempre si ottiene, o per meglio dire, non sempre si incontrano Arsapi che attraversano questa forma concettuale e giungono o fanno giungere a risultati condivisibili. Dal momento che non è possibile universalizzare il dato sensoriale, quanto mi appresto a dire sembrerebbe una via d’uscita alla contraddizione, la mia. Spero che tutto ciò non lo sia, che il puramente personale sia pertanto condivisibile. Comincia qui l’arcano. Quella formazione del concetto, può sfuggire?! Quell’assecondare ogni micro aspetto di quell’esperienza può, concettualmente, non rendersi condivisibile? L’universo, l’esagerazione del termine, qualche tempo fa correva parallelo. L’Arsapo per un periodo non quantificabile fu eco ma non-parola definita, fu termine non identificabile dal mio sensoriale. il “La dell’oboe” così come è definito da Edgar Coons e David KraehenBuehl – (Informazione come misura di struttura in musica), in(a) quel tempoera ancora sub unità sfuggita alla coscienza perché non perfettamente inserita nel mio contesto culturale. Con Edoar-Edoar, dal colophon luglio del 2006, così si consegnava nelle librerie l’uscita del suo ennesimo libro. Edizioni ilRaggioVerde – per la collana “inediti” – diretta da Antonietta Fulvio. € 13,00
Del termine colophon ho un ricordo. È un dialogo su che cos’è il bibliofilo. Scrissi, poi, una lettera in tal senso in occasione del convegno tenutosi dal 22 al 30 novembre 2007, nella Sala “Teodoro Pellegrino” della Biblioteca Provinciale “Nicola Bernardini” di Lecce per la Mostra Antologica delle Edizioni Tallone. Riassumendo: «per noi bibliofili, l’importanza del libro è il colophon, come questo è presentato. Il colophon è data, è la sua identità, è didascalia ordinata, disegnata, è l’anima del libro. Il resto ne consegue». Perché dico questo e, a domanda, rispondo!? La struttura del libro, divenne, è percepibile. Non è il colophon, ma è come se lo fosse. Con l’Avvertenza di Edoard-Edoard, “Edoardo De Candia nacque a Lecce nel 1933 da Giuseppe e Margherita Querzola. Il padre fu guardia carceraria proveniente dall’isola di Procida…”, Nocera anche in questa occasione si consegna a noi prima come Storia, poi come infinite anime della stessa. Di Edoardo, credevo di conoscere tutto. Chi come me ha vissuto a Lecce negli anni ’60 – ’70 da apprendista pittore, non può aver dimenticato il matto, il fintotontopazzo, il possente vichingo. La lieve, sommessa e doverosa introduzione con il ricordare quell’isola di Procida, ebbe la capacità di ricordarmi altre fantasie riconducibili come la eco di quel Edoar-Edoar. Lecce, Milano, Londra, “Il Sedile”, “La Cornice”, “3A”, “BelleArti”. Il Mito dei miei giovani anni, il Mito dei Miti che è il Volo da Icaro in poi. Tutto divenne Avvertenza. Altrettanto magica è la lettera di Francesco Saverio Dodaro.(pag.7) Saverio mi appare ancora oggi come uno smarrito naufrago in quel “utero oceano della Verità, dove la calma è tempesta, il silenzio è urlo”. E’ sempre Dodaro a sollecitare quella eco: “Maurizio per favore, dì di non urlare. E di non inquisire”. “Il La dell’oboe”, in Edoar-Edoar, ha il giusto verso, non è più frammentario ed astratto, ma oggettivo e materiale. Nocera si identifica con lo stesso tratto-ritratto segnato dall’Edoardo nell’ottava pagina, la cui nona ne diventava l’inno alla Eco-Edoar. Tutto il carattere di Edoardo è scritto come quel segno. É prima scarno, poi breve, poi profondo, scuro, chiaro. É lo stesso mondo in fuga dell’amico descritto odori-cadute-voli-albe-disperazione-nero-nero-nero-sesso-rutto-scorreggia-vino-whisky. Naturalmente nel libro non mancherà anche a Voi, leggendolo, di essere attratti da Antonio Verri. Nel leggerlo, per me, quella eco divenne, è: “Edoardo, un cavaliere senza terra”. Un’eco di falò dove vengono descritti due giovani artisti (anche Saverio Dodaro) “come purissimi cavalieri, morbidi, buffi, curiosi, rigorosi …”. Dire cosa bruciassero diverrebbe la mia trasgressione. Da pag. 25 a pag. 35 c’è di quanto più gigantesco possa esserci. (testimonianza tratta da Sudpuglia, 3 settembre 1988, pp.137-148). Il libro di Maurizio Nocera divenne Storia, divenne Dialogo. Oggi per me è anche Immagine, è il “La dell’oboe” che saltella e si fa Verso-Suono.
Edoar-Edoar è Sentire la Storia e non tralasciare, ma riferire: «Non vogliono la morte per i miei quadri, mi vogliono morto perché mi credono felice. Idioti!».(pag.32) Nel libro c’è il crono-Storico. Si narra una Lecce turbata dalle “irruzioni” di un fintotontopazzo dalla fine anni cinquanta sino alla morte di, del Vichingo, avvenuta nell’estate del 1992. Ma non v’è solo la crono-Storia. É anche Poesia scritta come il sussurrare di una frase delicata e dedicata alla propria compagna di nome Parola. È Poesia sull’acqua, mare d’approdo e partenza. E, quando la Parola s’affaccia come grido disperato: « Carte!/chi vuole carte./Carte dipinte di giallo,/di rosso,/carte di colore blu!/Vuoi una carta anche tu?/Ma insomma: Uei cu te la catti?/dipinte … con … della solitudine,/della sofferenza,/carte dolenti … » (pagg. 19-20). Sempre e comunque, l’Arsapo, ritorna a sussurrare la Parola, ad amarla. È segno “eroico” di Edoardo.(pag.21)
Le foto tra disegni e citazioni, sono come l’episodio narrato in postfazione da Antonio Massari: Il bianchetto sul vetro. “… afferra da terra un blocco di ghisa, lo solleva ciclopico sulla testa, e lo scaglia contro il cristallo che con rumore esplode e va in frantumi. E dice: – Più pulito di così non sarà mai – “. Immenso è Edoardo, anche Lui Arsapo-Angelo.
Francesco Pasca